In genere, il percorso di un marzialista inizia con l’autodifesa e finisce in una dimensione quasi spirituale che, spesso, non ci si aspettava.
La prossima volta, dopo un allenamento, cerchiamo di fare un piccolo esercizio di introspezione.
Come ci sentiamo? Rilassati, un po’ stanchi, sicuri di aver imparato o perfezionato qualcosa e, soprattutto, di aver allontanato per un’ora e mezzo i nostri mille problemi quotidiani piccoli o grandi che siano? Se è così, abbiamo lavorato bene, altrimenti cerchiamo di fare di meglio la prossima volta.
L’autodifesa è anche dalle invasioni esterne: il chiacchiericcio della mente, il telefonino, le mail, il lavoro, le rotture di scatole.
La pratica, qualunque pratica, deve essere un’oasi per la mente.
E se ci dovesse mai capitare (speriamo di no) di dover mettere in pratica quello che ci hanno insegnato in uno scontro reale scopriremo che tutto funziona. Anche l’atteggiamento mentale.
Soprattutto quello.