Diventa sempre più difficile trovare un luogo “SANO”, ma potremmo anche dire sereno, dove poter apprendere le arti marziali e perfezionare uno stile di combattimento soprattutto per l’erronea idea che insegnare arti marziali significhi dover creare soldati perfetti o picchiatori brutali ispirandosi a modelli di addestramento come quello militare o dei film d’azione che poco hanno a che vedere con la realtà quotidiana.
Ma procediamo per gradi, cosa si intende per ambiente “sano”?
Un ambiente, dove per prima cosa si pensa allo studente e alla sua incolumità. Imparare arti marziali vuol dire correre dei rischi. Anche per gli stili in cui non si ricorra al contatto pieno, si rischia comunque di essere accidentalmente colpiti in zone del corpo dolorose o colpire noi stessi i nostri compagni di corso. I rischi vanno ridotti al minimo, insegnando anche a tenere a bada i colpi.
Il lavoro, può essere stressante e ripetitivo, può creare frustrazioni, se qualcosa non ci riesce o se un compagno in modo più o meno volontario si comporta in modo scorretto. E’ compito dell’insegnante, in questi casi, fare in modo che il lavoro sia il più possibile ben distribuito, che gli animi dei praticanti non si scaldino troppo e che gli esercizi siano coinvolgenti ma non opprimenti.Al praticante è invece riservata la parte che riguarda la cooperazione e il rispetto tra allievi mantenendo una condotta priva di critiche e fanatismi.
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